18.02.12 A Rimini un convegno tra osservatori per il contrasto alla criminalità organizzata

Sabato 18 febbraio 2012 si tiene a Rimini un convegno tra osservatori per il contrasto alla criminalità organizzata. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Vedo Sento Parlo di Rimini in collaborazione con il giornalista David Oddone, il magistrato Piergiorgio Morosini e il premio IlariaAlpi, si terrà a partire dalle h.11 presso la Sala del Buonarrivo, Provincia di Rimini, Corso d’Augusto 231, Rimini, e sarà una giornata di confronto fra diversi osservatori sulla criminalità organizzata, metodi di lavoro, forze in gioco, idee operative.

Il consigliere regionale PD Antonio Mumolo parteciperà all’iniziativa in rappresentanza dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e presenterà la legge regionale contro le infiltrazioni mafiose e per la promozione della cultura della legalità approvata nel maggio 2011 e di cui è stato relatore.

Voucher nidi. Mumolo: “Oltre 770mila euro per aiutare con la rata le famiglie della provincia di Bologna”

“La Regione ha stanziato oltre 770mila euro per finanziare voucher conciliativi per l’accesso ai nidi a favore delle famiglie della provincia di Bologna. Si tratta di una misura concreta che consentirà a tanti genitori di conciliare più facilmente famiglia e lavoro.” A comunicarlo è il consigliere regionale PD Antonio Mumolo.

“La Regione – sottolinea il consigliere Mumolo – ha avviato nell’anno educativo 2008/9 una sperimentazione che ha coinvolto le famiglie residenti nei comuni di Bologna e Modena. Dall’anno educativo 2009/10 i voucher sono stati estesi all’intero territorio regionale e ad oggi sono già trascorsi tre cicli di attuazione. Il voucher ha un valore massimo di 250 euro al mese per bambino e serve per coprire la differenza del costo esistente tra la retta del nido d’infanzia privato e quella del nido d’infanzia pubblico: possono usufruirne solo le famiglie con un ISEE inferiore ai 35.000 euro e che devono farne richiesta al proprio comune.”

“Specialmente quando entrambi i genitori lavorano – afferma il consigliere PD – può essere difficile mantenere l’equilibrio tra le esigenze della propria professione e la cura dei figli. I voucher della Regione faciliteranno l’accesso dei bambini ai servizi educativi e permetteranno a tanti genitori, specialmente alle mamme, in questo contesto spesso sfavorite, di non dover abbandonare il proprio lavoro.”

“La Regione tiene molto alla legge sui voucher, e prova ne è la “missione valutativa” decisa dall’Assemblea, che è partita già da alcune settimane e che servirà a verificare l’efficacia di questo provvedimento. L’Assemblea mi ha designato come proprio rappresentante per seguire la missione e la realizzazione dell’attività di analisi. Al termine della missione, dopo aver ascoltato tutte le parti interessate, potremo dire se i voucher sono serviti a raggiungere l’obiettivo che era stato prefissato o se la legge ha bisogno di modifiche e aggiustamenti.”

I finanziamenti regionali ai comuni della provincia di Bologna

Comune Imola – Servizio Infanzia (BO)
Finanziamento regionale: 68.750
Bambini destinatari: 25

Comune di San Lazzaro – Ufficio di Piano e coordinamento distrettuale (BO)
Finanziamento regionale: 77.000
Bambini destinatari: 28

Comune di Vergato – Ufficio di piano Distretto di Porretta Terme (BO)
Finanziamento regionale: 44.000
Bambini destinatari: 16

Comune di San Pietro in Casale – Ufficio di Piano -Area Servizi alla persona (BO)
Finaziamento regionale: 110.000
Bambini destinatari: 40

Comune Casalecchio di Reno – Servizi educativi e scolastici (BO)
Finanziamento regionale: 63.250
Bambini destinatari: 23

Comune di Bologna – Settore Istruzione – U.O.. Autorizzazione e convenzioni (BO)
Finanziamento regionale: 412.500,00
Bambini destinatari: 150

24.02.12 Cena di solidarietà: “1 pozzo per il North Wollo”

Venerdì 24 febbraio il consigliere regionale PD Antonio Mumolo parteciperà alla cena di beneficenza che si terrà alle ore 20 presso la Parrocchia San Francesco in Via Torino, San Lazzaro di Savena (Bologna)

Il costo della cena è di €20. Il ricavato sarà devoluto al progetto “1 pozzo per il North Wollo” in un villaggio rurale di Mersa – Etiopia.

Per informazioni:
Tel. 051534842 (Vittorio)
Tel. 051323291 (Oliviero)
Email: susicat@tiscalinet.it

24.02.12 Cena di solidarietà: “1 pozzo per il North Wollo”

Appello: “L’articolo diciotto: le verità nascoste”

L’avvocato giuslavorista Antonio Mumolo è uno dei firmatari dell’appello “L’articolo diciotto: le verità nascoste”

Desta grande sconcerto, tra gli operatori giuridici (avvocati, magistrati) che quotidianamente hanno a che fare, per il loro lavoro, con la tematica dei licenziamenti, il livello di approssimazione e di assoluta lontananza dalla realtà con cui tanti autorevoli personaggi della politica, del giornalismo e persino dell’economia affrontano l’argomento, contribuendo ad alimentare una campagna di disinformazione senza precedenti.

Sta infatti entrando nella convinzione del cittadino (che non abbia, in prima persona o attraverso persone vicine, vissuto il dramma della perdita del posto di lavoro) la falsa impressione che in Italia sia pressoché impossibile licenziare, persino nei casi in cui un’impresa, in comprovate difficoltà economiche e finanziarie, con forte calo di ordini e bilanci in rosso, avrebbe necessità di ridurre il proprio personale (caso spesso citato nei dibattiti televisivi per mostrare l’assurdità di una legislazione che ingessi fino a questo punto l’attività imprenditoriale). Queste leggi assurde, poi, si salderebbero con una asserita “eccessiva discrezionalità interpretativa” dei magistrati (categoria della quale, nell’ultimo ventennio, ci hanno insegnato a diffidare) e sarebbero la causa, o quantomeno la concausa, del precariato giovanile.

Senza considerare che è l’Europa a chiederci di rivedere la normativa in tema di licenziamenti, perché eccessivamente rigida. Inoltre il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro sarebbe un’ “anomalia nazionale”.

Come si sa, il principio di propaganda che sostiene che “una bugia ripetuta mille volte diventa verità” paga, ed è estremamente rara, nei talk show televisivi, la presenza di giuslavoristi che raccontino cosa effettivamente accade nei luoghi di lavoro, nelle trattative sindacali, negli studi degli avvocati e nelle aule di giustizia: che cioè la legge già consente di licenziare per motivi “inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” e che conseguentemente i licenziamenti per riduzione di personale avvengono quotidianamente, sia da parte di aziende con meno di 16 dipendenti (che non hanno altro onere che quello di pagare un’indennità di preavviso molto più bassa di quella prevista in altri paesi europei: solo ove un giudice accerti che le motivazioni addotte non sono vere, dovrà pagare un’ulteriore indennità, comunque non superiore a sei mensilità) sia da parte delle grandi aziende (che in caso di esubero di personale di più di cinque unità devono solo seguire una procedura che coinvolge il sindacato, ma che le vincola – anche in caso di mancato accordo sindacale al suo esito – esclusivamente a seguire dei criteri oggettivi nella selezione del personale da licenziare). Al di fuori dei licenziamenti per motivi economici – rispetto ai quali il giudice ha (solo) il potere di effettuare un controllo: a) di verità sui motivi addotti nei licenziamenti individuali e b) di regolarità della procedura nei licenziamenti collettivi – l’art. 18 si applica, ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamenti individuali, quasi sempre per motivi disciplinari.

E qui, di volta in volta, il magistrato valuta il caso concreto, che non è mai come quelli da barzelletta che vengono talvolta riportati per dimostrare l’arbitrarietà del giudice e la presunta assurdità del sistema. Da oltre trent’anni si sente parlare del caso del garzone del macellaio amante della moglie del datore di lavoro, che sarebbe stato reintegrato perchè i fatti avvenivano al di fuori dell’orario di lavoro. Basta che una falsa notizia come questa venga detta in televisione, ed ecco che il quadro è completo e il prodotto confezionato: l’opinione pubblica, dopo un mese di questa martellante propaganda, è pronta ad accettare le giuste soluzioni che – condivise o non condivise da tutti i sindacati – ci facciano fare quel passo decisivo per adeguare l’Italia alle nuove esigenze della globalizzazione e renderla finalmente competitiva anche rispetto ad altri paesi europei che hanno una maggiore flessibilità in uscita.
Ma è proprio vera quest’ultima cosa? Come mai non riusciamo a leggere in nessun giornale che gli indici OCSE che segnalano la cd. rigidità in uscita collocano attualmente l’Italia (indice dell’1.77) al di sotto della media europea (basti dire che la Germania ha l’indice 3.00)? Ed è proprio vero che il diritto alla reintegrazione (in caso di licenziamento dichiarato illegittimo) è previsto solo nel nostro Paese? Premesso che il discorso dovrebbe essere approfondito, va detto che in certi Paesi è addirittura costituzionalizzato (Portogallo) ed in altri è un rimedio possibile (ad esempio Svezia, Germania, Norvegia, Austria, Grecia, Irlanda, in taluni casi Francia) spesso accompagnato da ulteriori tutele.

La verità è che non esiste un vero collegamento tra la ripresa produttiva e la libertà di licenziare, e forte è quindi il timore che il ”governo tecnico”, approfittando della crisi economica, possa dare attuazione ad un antico progetto di riassestamento del potere nei luoghi di lavoro, che per essere esercitato in modo sovrano mal tollera l’esistenza di norme di tutela dei lavoratori dagli abusi. Perchè è questo, e solo questo, il senso profondo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: una norma che sanziona il comportamento illegittimo del datore di lavoro ripristinando lo status quo ante che precedeva il licenziamento – lo si ribadisce – illegittimo. E la cui esistenza, per l’appunto, impedisce che il potere nei luoghi di lavoro (con più di 15 addetti, purtroppo, perchè altrove, appunto, tale tutela non c’è) possa essere esercitato in modo arbitrario e lesivo della dignità dei dipendenti.

Ma nello stesso tempo occorre valutare con estrema attenzione anche tutte quelle prospettate soluzioni che, prevedendo la “sospensione temporanea” dell’articolo 18 per i primi tre o quattro anni per i giovani in cerca di un’occupazione stabile, teoricamente non sottrarrebbero la tutela dell’art. 18 “a chi già ce l’ha”.

Occorre, infatti, quanto meno scongiurare l’ipotesi che in tale formula rientrino tutti i nuovi rapporti di lavoro poiché, altrimenti, inevitabilmente vi ricadrebbero anche coloro che, pur avendo goduto in passato della tutela dell’articolo 18, si ritrovino in stato di disoccupazione (dato che, come abbiamo visto, la norma non vieta affatto di licenziare, sanzionando solo i licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo, e quindi solo quelli illegittimi). E dal momento che, checché se ne dica, il posto di lavoro fisso a vita è veramente un sogno e il mercato del lavoro è in continuo movimento (specie per quanto riguarda l’invocata flessibilità in uscita), nel caso in cui le disposizioni in cantiere non siano circoscritte con precisione, avremmo un esercito di disoccupati attuali o potenziali anche ultracinquantenni che, lungi dal portarsi dietro, infilato nel taschino della giacca, l’articolo 18 goduto nel precedente posto di lavoro, ingrosserebbero le fila dei nuovi precari. Perchè diversamente non possono essere considerati dei dipendenti che per tre o quattro anni siano sottoposti al ricatto della mancata stabilizzazione ove non “righino dritto” senza ammalarsi, fare figli, scioperare o avanzare rivendicazioni di sorta (e se, alla fine del triennio, non vi sarà – com’è probabile – alcuna garanzia di “stabilizzazione” del rapporto, in questo gioco dell’oca si potrà tornare alla casella di partenza, con un diverso datore di lavoro…).
Ecco quindi che, per altra strada, si arriverebbe a ridimensionare anche i diritti di coloro ai quali l’articolo 18 attualmente si applica, risultato che la propaganda vorrebbe finalizzato a favorire quelli che ne sono esclusi: come ha scritto Umberto Romagnoli, è come avere la pretesa di far crescere i capelli ai calvi rapando chi ne ha di più.

Un’ultima annotazione su un’altra soluzione di cui si sente parlare: la sostituzione della sanzione prevista dall’articolo 18 (reintegrazione) con un’indennità in tutti i casi di licenziamenti semplicemente motivati da ragioni economiche.
Si è già detto che tali licenziamenti sono già consentiti, e secondo l’art. 30 della legge 183 del 2010 “il controllo giudiziale è limitato esclusivamente (…) all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro”.

Cosa si vuole di più? Perchè si vorrebbe impedire al giudice anche un accertamento di legittimità (e non di merito) sulle motivazioni addotte? Forte è il sospetto che in questo modo si voglia consentire al datore di lavoro di liberarsi di dipendenti scomodi semplicemente adducendo una motivazione economica, anche se non vera. Sancendo così, automaticamente, il pieno ritorno agli anni cinquanta, quando i licenziamenti erano assolutamente liberi e la Costituzione nei luoghi di lavoro, faticosamente introdotta nel 1970 dallo Statuto dei lavoratori, semplicemente un sogno.
Auspichiamo proprio che, con la scusa di dover riformare il mercato del lavoro, non si arrivi a tanto.

13 febbraio 2012

Alberto Piccinini, avvocato Bologna
Antonella Gavaudan, avvocato Bologna
Bruno Laudi, avvocato Bologna
Giovanna Buttazzo, avvocato Bologna
Francesca Ferretti, avvocato Bologna
Giorgio Sacco, avvocato Bologna
Massimo Vaggi, avvocato Bologna
Antonio Mumolo, avvocato Bologna
Sara Passante, avvocato Bologna
Stefania Mangione, avvocato Bologna
Guido Reni, avvocato Bologna
Rosa Tarantini, avvocato Bologna
Raffaella Ballatori, avvocato Bologna
Sabrina Pittarello, avvocato Bologna
Francesca Stangherlin, avvocato Bologna
Claudia Tibolla, avvocato Bologna
Antonio Monachetti, avvocato Bologna
Federico Martelloni, ricercatore Bologna
Manuela Del Monaco, avvocato Bologna
Matteo Acciari, avvocato Bologna
Clelia Alleri
Giulio Centamore
Anna Nuvoli
Cristina Maroni

LE ADESIONI ALL’APPELLO POSSONO ESSERE INVIATE AL SEGUENTE INDIRIZZO E-MAIL: segreteria@studiolegaleassociato.it

Fogli di via a prostitute, punkabestia e senza tetto. Il Venerdì di Repubblica intervista Antonio Mumolo

Un attivista di Greenpeace è stato allontanato da Roma con un foglio di via dopo una protesta e per tre anni dovrà rimanere lontano dalla sua città. In Italia ogni anno sono migliaia i provvedimenti di questo tipo: un retaggio del fascismo, che dovrebbe servire a colpire pericolosi malviventi ma che viene utilizzato spesso contro prostitute, punkabestia e senza tetto. Tutte persone che a causa dell’alto costo delle spese legali che devono essere affrontate per ricorrere contro un foglio di via non hanno la possibilità di difendersi. Il Venerdì di Repubblica intervista Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione Avvocato di strada Onlus, che ha sostenuto e vinto numerosi ricorsi contro i fogli di via. (altro…)

Casadei e Mumolo: “Chiusura OPG: svolta storica. Ora una nuova fase per i pazienti”

Con il voto del 9 febbraio il governo ha ottenuto la fiducia della Camera sul decreto carceri. “Il decreto – affermano i consiglieri regionali PD Thomas Casadei e Antonio Mumolo – diventerà legge dopo il voto finale previsto per martedì prossimo e consentirà all’Italia – tra le altre cose – di chiudere definitivamente la triste pagina degli ospedali giudiziari. Grazie al preziosissimo lavoro della Commissione sanitaria d’inchiesta presieduta dal Senatore Ignazio Marino, l’Italia ha potuto conoscere le condizioni, spesso taciute o ignorate, nelle quali sono costrette a vivere ancora oggi 1500 persone, di fatto rinchiuse in luoghi sovente privi dei minimi requisiti igienico sanitari, e dove è impossibile prestare le cure necessarie ai pazienti.”

“Secondo i dati della Commissione, – sottolineano i consiglieri – solo il 60% dei pazienti rinchiusi sono individui socialmente pericolosi. Tutti gli altri hanno dovuto affrontare una detenzione lunga anche decenni solo e unicamente perché non hanno una rete familiare pronta ad accoglierli o perché non c’è una AUSL che li possa assistere. I sei OPG oggi esistenti in Italia, tra cui quello di Reggio Emilia, chiuderanno i battenti entro il 31 marzo 2013. Grazie ad un finanziamento di 273 milioni di euro al loro posto sorgeranno piccole strutture capaci di accogliere 30 o 40 persone, sorvegliate all’esterno dalla polizia penitenziaria, che potrà garantire la necessaria sicurezza.”

“In queste strutture – concludono Casadei e Mumolo – ci saranno tutte le attrezzature adeguate per l’assistenza ai pazienti, e soprattutto ci saranno infermieri, medici, psichiatri ed esperti di riabilitazione che potranno finalmente fare il proprio mestiere, ovvero curare la mente e il corpo dei pazienti. Le persone potranno essere curate e assistite secondo i propri bisogni: il nostro paese farà così un grande passo in avanti. Il nostro sistema giudiziario somiglierà di più a quello che deve essere: un sistema che tende a recuperare le persone, non a mortificarne la dignità.”