Serve un nuovo tipo di cultura sportiva, che permetta di superare “le forti discriminazioni di genere che esistono sia nella pratica sportiva che nei ruoli dirigenziali”: lo chiedono gli esponenti delle associazioni sportive emiliano-romagnole che la commissione Parità e diritti delle persone, presieduta da Roberta Mori, ha ascoltato questa mattina in una audizione nell’ambito dell’iter di avvicinamento alla legge quadro regionale sullo sport.

Come ha anticipato il sottosegretario alla Presidenza della Giunta, Andrea Rossi, “ad oggi ancora non abbiamo presentato un testo, ci arriveremo per la fine dell’anno, ora siamo ancora nella fase di ascolto e di raccolta informazioni”. La Regione “non vuole una nuova legge, ma una revisione dell’esistente- ha proseguito-, puntiamo a dare più trasversalità alla tematica dello sport incrociandolo con il turismo, la scuola, la sanità”.

“Non è vero che tutti nello sport hanno le stesse possibilità, il problema non è quasi mai nel momento dell’accesso ma riguarda, al contrario, chi smette: serve una analisi precisa delle ragioni che portano a tassi di abbandono così alti”, ha spiegato Mauro Rozzi, presidente regionale dell’Uisp. Per questo motivo, aggiunge, “speriamo che la nuova legge si occupi non solo delle infrastrutture materiali ma anche e soprattutto di chi lo sport lo pratica: di sicuro il coinvolgimento del mondo delle associazioni è un ottimo punto di partenza”.

Secondo Manuela Claysset, responsabile nazionale per le politiche di genere dell’Uisp, “c’è forte discriminazione sia nella pratica che nei ruoli: solo il 22% delle donne fa attività sportiva, e non c’è una sola presidente di federazione donna in tutta Italia, quando l’obiettivo che il Cio ci ha chiesto di raggiungere è il 25%. Fino a 13 anni- sottolinea- sono addirittura più le ragazze che praticano rispetto agli uomini, poi c’è un calo incredibile, condizionato sicuramente da stereotipi e modelli negativi, ed è per questo che serve un lavoro culturale sullo sport: non dimentichiamo che praticare meno sport vuole dire minore prevenzione per la salute”.

Roberta Li Calzi, calciatrice e rappresentante dell’Assocalciatori, ha parlato dei “preoccupanti dati relativi all’abbandono e alla discriminazione, le calciatrici per legge sono tutte dilettanti e vengono quindi private di tutele come la maternità, che le costringono ad abbandonare il calcio o a scendere di categoria: abbiamo chiesto alla Figc rassicurazione ma per ora non abbiamo ricevuto risposte, per questo sette squadre sulle dodici che compongono la massima serie sono pronte a scioperare in occasione della prima giornata di campionato”.

Giorgio Pruccoli (Pd) ha chiarito che “la legge regionale non riuscirà a dare tutte le risposte, tematiche come la fiscalità non sono di nostra competenza”. Per il consigliere, “la pratica sportiva è un forte strumento di integrazione, ma il mondo della scuola non è preparato, manca un filtro ai progetti, si diffonde l’agonismo e non la pratica”.

Secondo Francesca Marchetti (Pd), “lo sport è una parte importante del nostro sistema di welfare, ma i tecnici spesso non sono preparati ad affrontare situazioni psicologiche difficili, è importante che siano formati sotto questo punto di vista”. Altra azione necessaria sarebbe quella di “incentivare le esperienze sportive miste”.
Roberto Poli (Pd) si è concentrato sulla “responsabilizzazione delle famiglie rispetto a come viene vissuto lo sport, spesso mettono in difficoltà la creazione di relazioni positive”. Altro problema, ha ricordato, “le associazioni sportive sono spesso concepite come creature personali o poco più, serve collaborazione più forte tra le società attraverso processi anche di aggregazione”.

Antonio Mumolo (Pd) infine ha rimarcato “la potenza dello sport come strumento di integrazione, nella scorsa legislatura avevamo approvato una risoluzione per garantire agli stranieri di seconda generazione un posto nelle società sportive, il passo successivo è introdurre corsi di formazione contro il razzismo, le discriminazioni e l’illegalità”.