Residenza e diritto di voto, il paradosso italiano
Diritto di voto e residenza anagrafica. Una mia intervista a Piazza Grande, il giornale di strada
Diritto di voto e residenza anagrafica. Una mia intervista a Piazza Grande, il giornale di strada
“Inserire nei programmi regionali le indicazioni proposte dalle ‘Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia’ adottate dal Dipartimento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.PSD), quali strumenti per superare la frammentazione delle politiche e rendere ancora più incisivo il contrasto alla povertà, e valorizzare le risorse stanziate dal Governo con la Legge di Stabilità, con azioni concrete e rispondenti ai bisogni dei territori”. Sono questi gli obiettivi della risoluzione, a firma Antonio Mumolo (Pd), approvata nella seduta odierna della commissione Politiche per la salute e politiche sociali, presieduta da Paolo Zoffoli, con voto favorevole di Pd, Sel e M5s, astenuta la Ln.
“Secondo i dati Istat- ha sottolineato Mumolo- nel 2014 erano oltre 4 milioni in Italia le persone in condizione di povertà assoluta (6,8% della popolazione residente), e nonostante l’Emilia-Romagna sia tra le regioni che presentano i valori più bassi di incidenza della povertà (4,2%), la recente crisi economica ha fatto emergere anche qui nuove tipologie di poveri”. È necessario, ha specificato il consigliere, “concedere, in particolare, la residenza a chi vive in strada, anche istituendo una via fittizia presso cui eleggerla, oltre a introdurre l’housing first, un approccio già sperimentato in diversi Paesi europei”.
Il Pd ha presentato tre emendamenti, approvati dalla commissione, attraverso i quali si integra il documento con riferimenti alla Legge di Stabilità e all’Accordo del 5 novembre 2015 tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali, in sede di Conferenza unificata, sulle ‘Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia’.
“L’Assemblea legislativa impegna la Giunta a fare propria la battaglia per l’accesso alle cure delle persone senza dimora e a sostenere un veloce iter di approvazione parlamentare della legge a firma Pd e M5s in discussione al Senato”. È quanto si legge nella risoluzione proposta da numerosi consiglieri del Gruppo Pd, primo firmatario Antonio Mumolo, a cui si sono aggiunti anche consiglieri di Sel e l’Altra ER, approvata in Aula dai Gruppi proponenti e da Lega nord e M5s, mentre Fi e Fdi si sono astenuti.
VIDEO. La presentazione della risoluzione
Approvato anche un emendamento della Lega nord, a firma del consigliere Daniele Marchetti, nel quale si legge che “al fine di limitare spostamenti di massa di cittadini privi di residenza anagrafica verso il territorio della Regione Emilia-Romagna, chiede alla Regione di attivarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni affinché analoghi servizi siano erogati da tutti i servizi sanitari regionali”.
Nell’atto d’indirizzo, illustrato da Mumolo, si chiede all’esecutivo regionale “di coinvolgere gli operatori della sanità e le organizzazioni di volontariato a intervenire per far sì che le persone prive di residenza anagrafica possano usufruire di assistenza gratuita da parte dei professionisti operanti nell’assistenza sanitaria di base, analogamente a quanto già avviene per l’assistenza di base ai minori stranieri temporaneamente presenti”. Secondo il documento, la crisi economica e sociale ha esteso la platea dei cittadini in stato di bisogno. A subire il peso maggiore “della scarsità della risposta pubblica sono soprattutto le persone che vivono in estrema povertà e in condizioni di esclusione sociale come le persone senza dimora”, che, stando all’ultimo rapporto Caritas (dati 2012), sarebbero in Emilia-Romagna “circa 4.400, di cui oltre la metà stranieri”. Gli homeless, infatti, con la perdita della residenza subiscono la cancellazione dalle liste anagrafiche e, in automatico, perdono il diritto all’assistenza da parte del Sistema sanitario nazionale, potendo usufruire solo delle cure del Pronto soccorso. Ciò in conseguenza delle previsioni della legge n. 833 del 1978 “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, che individua nella residenza anagrafica il criterio normale di collegamento tra utente e Azienda sanitaria locale. “Alla persona sprovvista di residenza”, viene spiegato nel documento, “è di fatto precluso l’esercizio del diritto alla salute”, in pieno contrasto con il dettato costituzionale. Inoltre, “mentre agli stranieri le cure di base sono garantite dal tesserino STP (Straniero temporaneamente presente)”, per migliaia di italiani “non vi è accesso ad alcuna assistenza di base, circostanza anche economicamente controproducente poiché porta ad un esborso ben maggiore in capo al sistema sanitario nazionale di fronte all’aggravarsi di banali patologie trascurate”. Il duplice intervento della Regione, quindi, sulle Camere per la modifica legislativa e sulla sanità regionale per nuove misure di welfare, è ritenuto dai firmatari “non più eludibile”.
ATTO DI INDIRIZZO
RISOLUZIONE – Oggetto n. 238 – Risoluzione per impegnare la Giunta a porre in essere azioni finalizzate a consentire l’accesso alle cure delle persone senza dimora, favorire la rapida approvazione della relativa normativa, sostenendo i soggetti e le organizzazioni di volontariato che prevedano l’assistenza gratuita alle persone prive di residenza anagrafica. A firma dei Consiglieri: Mumolo, Serri, Marchetti Francesca, Bessi, Poli, Zoffoli, Bagnari, Caliandro, Lori, Pruccoli, Prodi, Ravaioli, Zappaterra, Montalti, Cardinali, Taruffi, Torri, Alleva
Oggi pomeriggio l’Associazione Avvocato di strada è stata convocata in Senato per un’audizione in Commissione Igiene e sanità. La Commissione si è riunita nell’ambito dell’esame dei disegni di legge n. 86 in materia di assistenza sanitaria alle persone senza dimora.
“Oggi in Italia – afferma Antonio Mumolo, presidente di Avvocato di strada Onlus, presente all’audizione – ci sono almeno 19mila italiani che vivono in strada. Tutti loro sono potenzialmente privi di residenza anagrafica e quindi non possono accedere al servizio sanitario nazionale. Non possono avere cure continuative, non possono scegliere un medico di base per ottenere la prescrizione di un farmaco o di una visita specialistica. Non possono rivolgersi al SERT se hanno problemi di alcolismo o tossicodipendenza”.
“Si tratta di una situazione paradossale, perché chi non ha una casa è più esposto di altri a numerosi fattori (freddo, malnutrizione, scarsa igiene, ecc) che generano gravi patologie e allo stesso tempo non dispone delle condizioni per curarsi. Una persona malata che non può curarsi in poco tempo vedrà peggiorare la propria situazione fino a rischiare la vita. Se sopraggiungono malattie più gravi o invalidanti che rendono la persona non più indipendente occorre calcolare un pesante e inevitabile aggravio sulle spese sanitarie. La mancata cura di determinate malattie, infine, può rappresentare un pesante rischio per la salute pubblica. Tutto questo – aggiunge Mumolo – in palese contrasto con la Costituzione Italiana, che all’Art.32 recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
“In Commissione Igiene e sanità abbiamo affermato ancora una volta un’urgenza non più differibile: come chiede il ddl n.86, che abbiamo contribuito a scrivere, è indispensabile modificare l’articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di assistenza sanitaria alle persone senza dimora e dare la possibilità alle persone prive della residenza anagrafica di iscriversi negli elenchi del Sistema Sanitario nazionale nel Comune in cui si trovano. Ci auguriamo di aver trovato terreno fertile in Senato – conclude Mumolo – e speriamo che l’iter della legge n. 86 possa andare avanti per colmare una lacuna che non fa onore al nostro paese”.
Una Circolare del Ministero dell’Interno fa finalmente chiarezza su una violazione costituzionale del Piano Casa approvato l’anno scorso. Le persone che hanno la residenza in immobili occupati possono comunque prendere la residenza nel Comune in cui risiedono. Avvocati di strada: “Ripristinati diritti costituzionali, ma troppo tempo perso inutilmente”
“Il Piano Casa del Governo approvato nel marzo 2014 stabilisce che chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedervi la residenza. Come avevamo più volte anticipato nei mesi scorsi, la mossa del Governo non ha consentito di liberare più facilmente gli stabili occupati, ma in compenso ha avuto conseguenze molto negative su decine di migliaia di famiglie che occupano immobili vuoti solo perché hanno perso il lavoro e altrimenti finirebbero in strada. Tante famiglie in queste condizioni in questi mesi si sono viste cancellare la residenza proprio per questa norma, e con la residenza hanno perso il diritto di curarsi, di votare, di iscrivere i figli a scuola o ad una associazione sportiva”. Lo afferma il presidente dell’Associazione Avvocato di strada Antonio Mumolo.
“Nel denunciare l’incostituzionalità del Piano Casa, – aggiunge Mumolo – avevamo sottolineato un incredibile paradosso: la legge italiana stabilisce che la residenza anagrafica deve essere riconosciuta a tutte le persone che vivono in un dato luogo. Si tratta di un modo per garantire loro alcuni diritti fondamentali, ma si tratta anche di un tema di ordine pubblico. Le istituzioni devono sapere quante persone vivono in una città, come si chiamano, come sono formati i loro nuclei familiari. I sindaci in qualità di Ufficiali di Governo sono tenuti a far rispettare il diritto alla residenza, e possono essere sanzionati se vengono meno a questo dovere. Ma come si sarebbero dovuti comportate con le famiglie occupanti? come si sarebbe risolto questo contrasto normativo?”
“Adesso, a distanza di un anno, apprendiamo positivamente la notizia di una circolare del Ministero dell’Interno (n°633 del 24 febbraio) inviata a tutti i comuni italiani e che prova a fare chiarezza sulla situazione. La circolare sottolinea che dal momento che la legge anagrafica stabilisce che ogni cittadino che vive in un comune ha diritto di prendervi la residenza (affermazione scontata, ma ci fa piacere per una volta vederla in un documento del Governo rivolto ai comuni), se vive in una casa occupata non potrà avere la residenza in quel luogo ma dovrà comunque essere iscritto nell’anagrafe del comune, analogamente a quanto succede alle persone senza dimora che hanno la residenza in Via della Casa Comunale o in altre vie fittizie”.
“Ci auguriamo che tutti i comuni italiani e le rispettive anagrafi recepiscano il più presto possibile queste indicazioni e che le famiglie che ora sono senza residenza possano riacquistarla al più presto. Non possiamo però che rammaricarci per quanto successo. Chi risarcirà le famiglie che in questo anno hanno subito fortissimi disagi? Quanti drammi silenziosi si sono consumati per queste incaute scelte? Il Governo – conclude Mumolo – doveva ascoltare prima il grido delle associazioni di volontariato come la nostra, che quotidianamente sono a contatto con le persone che vivono in difficoltà. Nell’approvare un Piano Casa che doveva combattere il disagio abitativo si sarebbe potuto evitare questo grave scivolone e sopratutto si sarebbe potuti intervenire prima, senza far passare inutilmente dodici mesi”.