Piano casa e residenze negate. Mumolo, Avvocato di strada: “Violati diritti soggettivi, pronti a fare ricorso”

images“Eravamo stati facili profeti. Come avevamo anticipato il Piano Lupi comincia a fare le proprie vittime. Qua­ran­ta­due famiglie che occu­pano un palazzo ex Asl in piazza Atti­lio Pecile a Roma si sono visti rifiu­tare la resi­denza anagrafica dal Comune perché “l’edificio non rive­ste i requi­siti di civile abi­ta­zione ed è oggetto di pro­ce­di­mento penale per occu­pa­zione abu­siva”. Adesso non sarà di certo più facile mandare via queste persone dall’edificio. In compenso gli si impedirà di potersi curare, di poter votare, di poter avere accesso all’assistenza sociale, di poter ottenere dei documenti, di iscrivere i figli a scuola. La stesa cosa succederà in tutta Italia a decine di migliaia di persone già in difficoltà che vedranno la propria già non facile situazione peggiorare ulteriormente. E’ così che il Governo intende fare qualcosa per i poveri?” Lo dichiara Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione nazionale Avvocato di strada.

“Tante famiglie – sottolinea Mumolo – occupano uno stabile solo perché sono rimaste senza lavoro e altrimenti finirebbero in strada e perderebbero i figli. Se hanno occupato illegalmente uno stabile si seguano le procedure e li si sfratti, ma non si può decidere di negare per decreto un diritto soggettivo importantissimo come quello della residenza anagrafica. Anche perché la residenza non comporta alcun diritto in più rispetto all’immobile e una procedura di sfratto o sgombero può colpire indifferentemente chi occupa, chi è moroso rispetto all’affitto o chi non paga il mutuo”.

“Il Piano casa viola la Costituzione in più punti e ottiene un effetto paradossale. Con questo Piano il governo intendeva “far fronte al disagio abitativo che interessa sempre più famiglie impoverite dalla crisi” e invece rischia di aggravare la situazione di queste stesse famiglie, che con il diritto alla residenza anagrafica vedranno scomparire gli ultimi legami che hanno con la società e le ultime possibilità di tornare ad una vita comune. Chiedo al Governo di modificare questa norma al più presto. Nel frattempo l’Associazione Avvocato di strada Onlus si occuperà della tutela dei diritti delle famiglie che vorranno intentare un ricorso contro questo abuso. Poiché vengono lesi diritti costituzionalmente garantiti – conclude Mumolo- il ricorso conterrà una eccezione di costituzionalità dell’art. 5 del Decreto Lupi, nella parte in cui impedisce di concedere la residenza a coloro che occupano un immobile”.

Piano casa del Governo. Mumolo: “Norme anticostituzionali, la residenza non si nega per decreto”

“Il decreto legge Renzi – Lupi n. 47 del 28 marzo, il cosiddetto “Piano casa”, contiene una norma che contrasta con le norme costituzionali e deve essere modificata”. Lo afferma il consigliere regionale PD e presidente dell’Associazione Avvocato di strada Antonio Mumolo

“L’articolo 5 del decreto – sostiene Mumolo – stabilisce infatti che chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedervi la residenza. L’articolo riguarda decine e decine di migliaia di famiglie che sono costrette ad occupare un immobile solo perché hanno perso il lavoro e altrimenti finirebbero in strada. Queste famiglie possono essere sfrattate, certo, ma non si può decidere con un decreto di negare loro la residenza”.

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Intervista a Radio Città del Capo
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“Vale la pena ricordare che dalla residenza anagrafica discendono molti diritti fondamentali: senza residenza non si può votare, non ci si può curare, non si può ricevere una pensione, non si può richiedere una casa popolare. Tutto questo riguarda ovviamente anche i minori, la cui residenza dipende da quella dei genitori, e che non potranno neanche essere iscritti a scuola. Togliere la residenza ad una famiglia che occupa uno stabile, o impedirgli di prenderla, significa mettere per decreto quella famiglia fuori dalla società, renderla invisibile, cancellare di colpo le residue possibilità che quella famiglia avrebbe per poter uscire dalle proprie difficoltà. E’ singolare che un “piano casa”, che dovrebbe aiutare le famiglie italiane ad affrontare la crisi, possa avere questi effetti”.

“L’articolo, inoltre, contiene un altro incredibile paradosso: la legge italiana stabilisce che la residenza anagrafica deve essere riconosciuta a tutte le persone che vivono in un dato luogo. Si tratta – sottolinea Mumolo – di un modo per garantire loro alcuni diritti fondamentali, ma si tratta anche di un tema di ordine pubblico. Le istituzioni devono sapere quante persone vivono in una città, come si chiamano, come sono formati i loro nuclei familiari. I sindaci in qualità di Ufficiali di Governo sono tenuti a far rispettare il diritto alla residenza, e possono essere sanzionati se vengono meno a questo dovere. Ma come si comporteranno con le famiglie occupanti? come verrà risolto questo contrasto normativo?

“Il decreto viola – ribadisce Mumolo – varie norme costituzionali: basta pensare al diritto alla salute, al diritto allo studio, al diritto alla fruizione dei servizi di welfare, al diritto di circolazione, al diritto ad una vita libera e dignitosa. Chiedo al Governo di modificare l’articolo 5: un piano che intende “far fronte al disagio abitativo che interessa sempre più famiglie impoverite dalla crisi” non può avere tra i propri effetti collaterali quello di negare diritti fondamentali alle stesse famiglie”.

Avvocato di strada Reggio Emilia. Ottenuta residenza nella casa occupata da alcuni migranti provenienti dalla Libia

Una bella vittoria ottenuta da Avvocato di strada Reggio Emilia in collaborazione con l’associazione Città Migrante: riconosciuto il diritto alla residenza anagrafica per i protetti Ex Emergenza Nord Africa occupanti uno stabile in città, che in un primo momento avevano ricevuto un rifiuto dal Comune.

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Reggio Emilia – Ottenuta residenza nella casa occupata da alcuni migranti provenienti dalla Libia

A Reggio Emilia, così come in tante altre città d’Italia, una volta decretata la fine del Piano “Emergenza Nordafrica”, molti migranti che si trovavano alloggiati presso strutture comunali si sono ritrovati in strada. Milioni e milioni di euro spesi per gestire quella che avrebbe dovuto essere l’accoglienza e che in molti casi è stato invece un vero business, senza garantire percorsi di vera tutela e di inserimento nel territorio.
Delle quasi 200 persone arrivate nella provincia di Reggio Emilia c’è chi ha scelto di tentare la fortuna in altri paesi europei rimanendo poi ingabbiato nel regolamento di Dublino, chi si è trasferito in altre città e chi è andato ad ingrossare la manodopera sfruttata nella campagne del sud durante le raccolte. Altri sono rimasti sul territorio. Chi è stato più fortunato ha trovato ospitalità presso qualche amico in città, qualcuno è alloggiato al dormitorio, altri vivono in luoghi abbandonati, ed alcuni stanchi di passare il giorno e le notti in strada il 28 aprile del 2013, si sono riappropriati di un diritto fondamentale, quello di avere una casa, occupando uno stabile lasciato all’abbandono da oltre vent’anni.
Con il sostegno dell’associazione Città Migrante e grazie alla solidarietà di molti sono iniziati una serie di lavori, tutt’ora in corso, per cercare di rendere il più abitabile possibile lo stabile.

A inizio novembre 2013 gli occupanti della casa chiedono l’iscrizione anagrafica nel comune di Reggio Emilia, essendo stabili da tempo e volendo usufruire di tutti i diritti che ne sono connessi. Prima di tutto il medico.

La domanda di residenza viene protocollata. Dopo poco tempo l’operatore del comune si reca nell’abitazione per verificare se effettivamente le persone dimorano nel luogo indicato. Durante la visita, gli occupanti mostrano la casa e quando viene chiesto loro a che titolo si trovano nell’abitazione, i migranti spiegano le ragioni dell’occupazione.

Passati i 45 giorni previsti dalla normativa per gli accertamenti, i migranti si recano in anagrafe per richiedere la Carta d’identità. In quell’occasione vengono a conoscenza che non è stata accolta l’istanza. Da lì a pochi giorni ricevono la raccomandata : “non sarà possibile procedere all’accoglimento dell’istanza poiché l’accertamento effettuato non è sufficiente a dimostrare la sussistenza della dimora abituale all’indirizzo su indicato” e di presentare “eventuali comunicazioni scritte corredate da idonea documentazione comprovante la dimora abituale (Es. rogito, contratto di affitto, ricevute di pagamento utenze ecc..)”

L’avvocato che collabora con l’associazione Città Migrante invia immediatamente le comunicazioni all’anagrafe che dimostrano come i signori in oggetto vivono effettivamente nell’abitazione indicata ribadendo inoltre che “in tema di residenza anagrafica ex articolo 43 cc, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, ossia dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo della volontà di abitarvi stabilmente, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, la cui prova può essere fornita con ogni mezzo”.

In seguito alle osservazioni da parte dell’avvocato il dirigente anagrafe del comune di Reggio Emilia invia nota nella quale è scritto che si sospendono i termini del procedimento di residenza in attesa dell’acquisizione del parere della Prefettura come organo di vigilanza sulle anagrafi in quanto i signori “ non hanno alcun titolo che consenta di ritenere la loro presenza in esso se non meramente occasionale”.

L’associazione Città Migrante rende pubblica la questione della negata residenza organizzando un dibattito, in collaborazione con gli avvocati di strada di Reggio Emilia, che sollevi il tema in generale della residenza partendo da questo caso specifico.

A pochi giorni di distanza dall’iniziativa, l’anagrafe effettua un ulteriore controllo presso lo stabile e verifica come i signori dimorino effettivamente ancora nello stesso luogo. In seguito a questo arriva la nota che “le pratiche di trasferimento di residenza sono state concluse positivamente”. Ad oggi i migranti provenienti dalla Libia che si sono riappropriati del diritto all’abitare sono iscritti nell’anagrafe del comune di Reggio Emilia nello stabile che hanno occupato.

Grazie alle battaglie e agli interventi messi in campo la Carta di Lampedusa si fa azione:

La Carta di Lampedusa afferma il diritto di ogni essere umano di ottenere, conquistare e costruire la possibilità di abitare in un luogo adeguato al proprio progetto di vita e rispettoso di tutte le dimensioni, sempre sociali e relazionali, in cui possa realizzarsi la sua esistenza.

Gli interventi del dibattito:

Avv. Alessandra Scaglioni – Avvocato di strada Reggio Emilia
Stato di necessità e vita in una casa occupata. La tutela del “cittadino debole”

Avv. Antonio Mumolo – Avvocato di strada Bologna
L’esperienza di Bologna come riconoscimento effettivo del diritto alla residenza

Dott. Costantino Giordano – Avvocato di strada Bologna

22.02.14 Reggio Emilia: “Residenze negate. La residenza come diritto fondamentale”

Sabato 22 febbraio alle h.16.30 si terrà a Reggio Emilia l’incontro pubblico “Residenze negate. La residenza come diritto fondamentale” organizzato dall’Associazione “La città migrante” in collaborazione con Avvocato di strada Reggio Emilia

Residenze-negate

Residenze negate
La residenza come diritto fondamentale
Sabato 22 febbraio h.16.30 presso Gabella – Biosteria Ghirba, Via Roma 76, Reggio Emilia

La residenza è un presupposto per l’accesso ai servizi sociali e alla salute e una condizione prioritaria per facilitare percorsi di inserimento e di inclusione. Partiamo dalla residenza negata in uno stabile occupato da alcuni profughi provenienti dalla Libia che rimasti senza alloggio e costretti a dormire in strada, si sono riappropriati di un diritto fondamentale, quello alla casa, occupando un’abitazione abbandonata e lasciata al degrado da più di ventanni, per aprire un dibattito sulla residenza in generale e in particolare ai senza fissa dimora. Perché la residenza a Reggio Emilia possa essere un diritto garantito.

Introduce Federica Zambelli -Ass. Città Migrante
La Carta di Lampedusa afferma il diritto di ogni essere umano di ottenere, conquistare e costruire la possibilità di abitare in un luogo adeguato al proprio progetto di vita e rispettoso di tutte le dimensioni, sempre sociali e relazionali, in cui possa realizzarsi la sua esistenza.Intervengono
Avv. Alessandra Scaglioni – Avvocato di strada Reggio Emilia
Stato di necessità e vita in una casa occupata. La tutela del “cittadino debole”

Avv. Antonio Mumolo – Avvocato di strada Bologna
L’esperienza di Bologna come riconoscimento effettivo del diritto alla residenza

Dott. Simone Beghi – Avvocato di strada Reggio Emilia
La residenza a Reggio Emilia e la residenza dei cittadini comunitari tra normative, prassi amministrative e diritto

Avv.Vainer Burani – Associazione Giuristi Democratici
Conflitto sociale, codice penale, processo e tutela del cittadino

Iniziativa promossa da Ass. Città Migrante

il volantino dell’iniziativa

info: cittamigrante@gmail.com, 3474184461

Una buona notizia: istituita a Cosenza la “Via dell’accoglienza” per le persone senza dimora

Anche a Cosenza è stata istituita una via fittizia dove potranno prendere la residenza anagrafica le persone senza dimora della città. L’ISTAT raccomanda da anni a tutti i comuni italiani di dotarsi di una via fittizia, che serve proprio quando una persona senza dimora non ha un altro luogo fisico dove farsi assegnare la residenza anagrafica. Non tutti i comuni, però, seguono il precetto dell’ISTAT, e questo può avere conseguenze molto gravi. Senza la residenza anagrafica, infatti, le persone senza dimora sono privi di molti diritti civili fondamentali: non possono votare, non possono curarsi, non possono ricevere una pensione neanche se ne hanno diritto. Avere una residenza, anche se in una via inesistente, per tante persone altrimenti invisibili rappresenta il primo passo per ricominciare ad esistere. La via fittizia di Cosenza si chiamerà “Via dell’accoglienza”: un plauso al comune che l’ha istituita e che ha scelto un nome così bello.

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Cosenza, istituita “Via dell’Accoglienza” per i cittadini senza fissa dimora