L’abuso delle “dimissioni in bianco” colpisce “profondamente” le donne lavoratrici che decidono di diventare madri e va considerato anche in rapporto al tasso di occupazione femminile in Italia, che è il “più basso d’Europa (45,3%)”, come il Paese è agli “ultimi posti per la natalità”.
Lo si afferma in una risoluzione sottoscritta dal consigliere regionale PD Antonio Mumolo e da altri colleghi del PD, FdS, Sel-Verdi, in cui si specifica che la pratica delle “dimissioni in bianco”, cioè far sottoscrivere al momento dell’assunzione una lettera non datata di dimissioni da usare in qualsiasi momento, è “molto diffusa” sull’intero territorio nazionale e interessa circa due milioni di lavoratrici e lavoratori italiani, di cui il 60% riguarda donne in età fertile.
Secondo quanto risulta dal Rapporto annuale Istat del 2011, sarebbero circa 800 mila le donne che, nel corso della loro vita, sono state licenziate attraverso le “dimissioni in bianco”, perché in gravidanza o per la nascita di un figlio, ma anche la malattia, l’età o i rapporti con il sindacato sarebbero motivi dell’ingiustificato licenziamento.
Si tratterebbe, secondo i firmatari, di uno spreco della risorsa del lavoro femminile, che renderebbe sempre più difficile raggiungere l’obiettivo europeo di Lisbona del 60% di occupazione femminile.
La risoluzione impegna quindi la Giunta regionale a farsi promotrice presso il Governo nazionale affinché, nell’ambito della riforma del mercato del lavoro, sia trovata rapidamente una soluzione al problema e a verificare e quantificare la presenza del fenomeno in Emilia-Romagna, nonché a contrastarlo, per quanto di competenza, con strumenti idonei, in modo da assicurare alle donne un accesso al mercato del lavoro migliore e paritario.