Ringrazio Leonardo Cecchi per la bella intervista che mi ha fatto sul suo blog su L’Espresso. Abbiamo parlato anche della battaglia che sto portando avanti con Avvocato di strada ODV sul medico di base ai senzatetto.
Una battaglia di civiltà!
#nonesistonocauseperse
Sotto il testo:
Antonio, di cosa si occupa esattamente “Avvocato di strada”?
Avvocato di strada è una organizzazione di volontariato, nata a dicembre del 2000 e composta prevalentemente da avvocati, per offrire tutela giuridica gratuita a tutte le persone senza dimora, che certamente non avrebbero la possibilità di pagare un avvocato. Siamo partiti in pochissimi oltre 20 anni fa. Oggi siamo più di mille volontari, siamo presenti in 59 città italiane, siamo diventati lo studio legale più grande d’Italia ed anche quello che fattura meno, praticamente niente.
Ma quanti sono oggi i senzatetto in Italia?
Ad oggi, i cosiddetti “invisibili” in Italia ammontano a circa 100.000 persone, secondo le ultime stime effettuate da Istat e Caritas. Chi sono? Cittadini che per i più svariati motivi sono diventati poveri. Lavoratori licenziati a 50 anni che non sono più riusciti a trovare lavoro, piccoli imprenditori falliti, pensionati al minimo, padri separati. Hanno perso lavoro, casa, sostegno e sono finiti in mezzo a una strada.
E quando finiscono in mezzo a una strada cosa succede?
Succede che si viene cancellati dall’anagrafe e quindi si perde le residenza. Purtroppo in Italia senza residenza si diventa invisibili perché alla residenza sono collegati una serie di diritti fondamentali, tra cui il diritto ad usufruire del welfare locale, il diritto al reddito di cittadinanza, il diritto al lavoro, il diritto al voto ed anche il diritto alla salute
Perché avviene questo?
Tutto si basa su una stortura della nostra legge: molti diritti sono legati al possesso di una residenza. Se la perdi, decadono quei diritti.
Relativamente a quello sanitario, mi riferisco alla legge 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale. Questa norma, all’art. 19 ci dice che “Gli utenti del servizio sanitario nazionale sono iscritti in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l’unita’ sanitaria locale nel cui territorio hanno la residenza.”
Ergo, senza residenza non ci si può iscrivere. Ergo, senza residenza non hai quel diritto.
Tu hai lavorato a livello regionale affinché questa stortura venisse sanata, è corretto?
Sì, in Emilia-Romagna, dove sono consigliere regionale, sono stato il primo a proporre una legge regionale (detta legge Mumolo) che potesse sanare questa ingiustizia. Una legge che potesse risolvere il problema, quantomeno in questo territorio, per irdare a queste persone un medico di base. E, insieme al medico, ridare loro dignità ed anche una possibilità in più di uscire dalla strada.
Per fare questo occorreva una legge ad hoc ed è stata fatta. Una legge che garantisse nuovamente quel diritto a chi aveva perso tutto. Sono ormai due anni che è stata approvata e i risultati hanno iniziato a mostrarsi in maniera chiara.
E nel resto d’Italia?
Sono stato molto contento di sapere che in altre regioni d’Italia alcuni consiglieri regionali hanno presentato lo stesso testo accolto in Emilia Romagna. La regione Puglia l’ha già approvata e se ne sta discutendo in tante regioni.
Come procede sul piano nazionale?
Con difficoltà, ma ci stiamo muovendo. Nelle scorse legislature erano già state presentate modifiche alla legge per consentire che il medico di base venisse riconosciuto anche ai senzatetto. Ma per un motivo o per un altro non sono andate a buon fine.
Nel 2022, però, il mio partito, il Pd, ha deciso di sposare convintamente questa causa, ripresentando nuovamente un’iniziativa parlamentare e, forse ancora più importante, rendendo centrale il tema sul fronte politico dei diritti.
E’ stata appena presentata in Parlamento dall’onorevole Marco Furfaro, una legge per garantire il medico di base alle persone senza dimora.
Confido quindi che anche grazie a questa accelerata il problema possa essere finalmente sanato a livello nazionale. Problema “umano”, ma anche “economico”, debbo dire.
Ecco, ci spieghi anche questo aspetto.
Non dare alle persone la possibilità di andare dal medico di base quando hanno bisogno si traduce in una cosa: l’affollamento del Pronto Soccorso. Tradotto: costi maggiori per lo Stato, che deve far fronte ad una gestione più complicata – giacché più numerosa – di quello che dovrebbe essere un servizio d’emergenza/urgenza, ma che per chi non ha il medico di base diventa, di fatto, l’unica possibilità per ricevere assistenza medica.
Per comprendere il volume di risparmio, si pensi che ogni accesso al Pronto Soccorso comporta per ogni utente una spesa per l’erario da 150 a 400 euro, mentre il medico di base costa alla collettività, per ogni persona, solo 90 euro all’anno. Si può ben immaginare dunque quanto si risparmierebbe se si allentasse la pressione sul Pronto Soccorso.
Si può anche immaginare quanto si guadagnerebbe in diritti e dignità delle persone.
Dovremmo ricordarci che difendere i diritti degli ultimi significa, alla fine tutelare i diritti di tutti quanti noi.