Carcere e persone senza dimora. Pubblicato il report di ricerca “Fine pena: la strada”

Avvocato di strada pubblica il report di ricerca “Fine pena: la strada“. Il report è uno dei principali frutti del progetto dedicato al tema del carcere e delle persone senza dimora realizzato da Avvocato di strada grazie al sostegno dei fondi 8×1000 della Chiesa Evangelica Valdese e in collaborazione con L’Altro Diritto Bologna, Associazione Sesta Opera San Fedele Onlus Milano e Granello di Senape Padova.

“Cosa succede quando una persona senza dimora finisce in carcere? ha gli stessi diritti degli altri detenuti e le stesse possibilità di accedere alle misure alternative? Sono queste – afferma Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione Avvocato di strada – le domande che ci siamo fatti quando abbiamo deciso di portare avanti il progetto “Fine pena: la strada”, che nel corso del 2020 ha previsto numerosi momenti di formazione e approfondimento, meeting e webinar on line con numerosi esperti del settore”.

Il report finale analizza nel dettaglio quali sono le difficoltà incontrate dalle persone senza dimora quando vengono sottoposte ad una misura cautelare o, in seguito ad una condanna, in fase di esecuzione della pena. Non avere una casa, nei fatti, comporta di fatto l’impossibilità di poter beneficiare della misura degli arresti domiciliari in fase cautelare o la preclusione del beneficio di misure alternative alla detenzione in fase esecutiva come, ad esempio, la detenzione domiciliare.

Questo significa che le persone senza dimora con tutti i requisiti legislativamente previsti per evitare la custodia cautelare in carcere o la detenzione, vengono sostanzialmente private di questo diritto per il solo fatto di non avere la disponibilità di un’abitazione o l’appoggio di una rete familiare e/o amicale che possa sostenerle.

Subordinare il godimento di diritti fondamentali alla condizione economica e sociale di una persona viola il diritto di uguaglianza sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione oltre a frustrare la funzione rieducativa della pena riconosciuta all’art. 27 della Carta costituzionale.

Nel report di ricerca, inoltre, vengono riportate le prassi che vengono seguite dai servizi che si occupano di persone senza dimora detenute nei territori di Bologna, Padova e Milano e le risposte che vengono date nei vari casi.

“L’obiettivo di questa ricerca – conclude Antonio Mumolo – era offrire un nuovo punto di vista su un argomento che viene affrontato molto raramente, dare uno spunto di riflessione alle istituzioni e alle realtà che si occupano di esclusione, affinché i diritti e le garanzie previsti nel nostro ordinamento non restino lettera morta per chi vive in una condizione di forte disagio economico e sociale e dovrebbe per questo stesso motivo ricevere maggiore aiuto dalle istituzioni.

Il report, stampato in 2000 copie, è disponibile presso la nostra sede di Bologna e verrà distribuito ad associazioni e istituzioni. Una versione in PDF è scaricabile qui.

Una nuova cultura della legalità. La Regione stanzia 1 milione di euro per 39 progetti di enti locali e università

🌐 Costruire una nuova cultura della legalità per prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata è uno dei pilastri della legge quadro contro le mafie a cui ho lavorato nella scorsa legislatura.
Quest’anno la Regione stanzia 1 milione di euro per 39 progetti di enti locali e università. Di questi, 5 per la riqualificazione di beni confiscati e restituiti alle comunità locali.
Nel bolognese sono 10 i progetti approvati:
🔸 “Narrare le Mafie” del Comune di Bologna
🔹 “Reti sociali contro reti criminali” del Comune di San Lazzaro
🔸 “Lettura e Legalità” del Comune di Valsamoggia
🔹 “Politicamente Scorretto 2020” del Comune di Casalecchio
🔸 “A scuola di Legalità” del Comune di Castel San Pietro
🔹 “La Tribuna della Legalità” del Comune di Galliera
🔸 “Semi di legalità 2020” dell’Unione Reno Galliera
🔹 “Terreni Fertili: in contrasto all’illegalità” dell’Unione Valli Savena-Idice
🔸 “Quattro azioni integrate in tema di prevenzione all’infiltrazione mafiosa nel tessuto socio-economico e riutilizzo dei beni confiscati alle mafie” dell’Università di Bologna