Chi non ha riconosciuti i propri diritti fondamentali ed è escluso dalla società non può difendersi e diventa vittima di continui soprusi. “Dove c’è un’ingiustizia, deve esserci un avvocato” diceva però Piero Calamandrei, uno dei padri della Costituzione italiana e uno dei più grandi giuristi del secolo scorso.
Per difendere dagli abusi e per ridare i diritti fondamentali a chi li ha perduti, esiste la figura dell’avvocato di strada, un professionista che ha deciso di dedicare parte del suo tempo a chi non potrebbe mai permettersi un avvocato. JOB MEETING intervista Antonio Mumolo
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L’associazione Avvocato di strada Onlus è un’organizzazione nazionale di volontariato che assiste solo persone senza dimora, che vivono in strada, e le vittime della tratta.
“L’idea un po’ romantica del barbone che ha deciso di abbandonare la società e di vivere in modo diverso, non esiste più. La vita di strada è molto dura e chi la fa non l’ha scelta” spiega Antonio Mumolo presidente e fondatore dell’associazione.
Chi sono i nuovi poveri? “Fino a qualche tempo fa – continua Mumolo – i senza dimora erano per lo più tossicodipendenti, alcoolisti, persone con problemi psichici e infine poveri. Oggi i poveri sono la maggioranza. A farne parte ci sono imprenditori falliti, pensionati al minimo e persone finite sulla strada a seguito di una separazione.”
L’associazione conta ormai 650 avvocati su tutto il territorio nazionale, di cui 60 solo a Bologna, la città in cui è nata l’iniziativa. Sono 19 le sedi mentre la copertura del territorio è garantita da un buon numero di domiciliatari.
Fin dagli inizi, nel 2007, l’associazione non ha mai chiesto soldi pubblici “Questo principalmente perché la prima causa fu vinta contro il Comune di Bologna. Domani però potremmo decidere di partecipare a qualche bando pubblico, ma per il momento le nostre fonti di sostegno economico derivano dalle fondazioni che finanziano programmi di volontariato sul territorio e naturalmente dalle cause che vinciamo.” sottolinea Mumolo.
E di lavoro ce n’è tanto: solo nel 2009 i casi sono stati 2.072.
Del gruppo di volontari fanno parte anche giovani non ancora laureati che, non potendo ancora difendere in tribunale, si occupano dell’accoglienza del cliente, della preparazione dei moduli, della ricerca giurisprudenziale e dell’attività di promozione dell’associazione. “E’ un’esperienza forte sia dal punto di vista umano che professionale: fare qualcosa in favore degli altri è innanzitutto una lezione di vita”.
di Raffaella Giuri