“Fermare le infiltrazioni mafiose”. BandieraGialla intervista Antonio Mumolo

BandieraGialla, il portale di informazione sociale dell’Emilia-Romagna intervista il consigliere regionale Antonio Mumolo sul progetto di legge per la lotta alle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna di cui è relatore in Assemblea Legislativa.

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“Fermare le infiltrazioni mafiose”

La Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato il progetto di legge per la prevenzione e il contrasto al crimine organizzato e mafioso, per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza attiva. Per il raggiungimento degli obiettivi sono stati stanziati un milione e mezzo di euro. Del progetto di legge abbiamo parlato con Antonio Mumolo, Consigliere Regionale che ha lavorato insieme all’Assessore Saliera alla stesura della legge e che ne sarà il relatore davanti alla I Commissione dell’Assemblea Legislativa, chiamata a valutare il progetto di Legge nelle prossime settimane.

Avvocato Mumolo, può raccontarci in breve come è nata questa Legge?
Premesso che l’impegno sul fronte della prevenzione alle infiltrazioni mafiose in Regione era tra le priorità a cui accennavo già durante la campagna elettorale, posso dire che questo disegno di legge è frutto della collaborazione tra me – in qualità di Consigliere Regionale – e la Giunta, in particolare l’Assessore Saliera, che già si stava muovendo in questo ambito. Abbiamo deciso di “lavorare in tandem”, il che ci ha permesso di prendere in considerazione il punto di vista di tante più istanze sociali, dalle forze dell’ordine alle amministrazioni alla società civile.
Parallelamente ho portato avanti personalmente un lavoro di ricognizione delle Leggi Regionali già in vigore altrove – come in Piemonte e in Lazio – e delle buone prassi in questo ambito, dal protocollo d’intesa Don Giuseppe Diana che mette in rete forze dell’Ordine, Regione Campania e Ministero, all’analoga esperienza di coordinamento calabrese, al Tavolo Tecnico che in Lombardia coordina l’assegnazione dei beni confiscati, all’esperienza di Libera il Bene in Puglia…

Quali sono i punti cardine del nuovo progetto di legge?
La legge punta alla prevenzione del crimine su più livelli, dall’educazione alla legalità fino a provvedimenti di contrasto a usura e racket. Partendo dall’esigenza di mettere in rete le informazioni che amministrazioni, forze dell’ordine e altri soggetti hanno accumulato, abbiamo pensato all’attivazione di un Osservatorio Regionale interno all’Amministrazione, che raccolga tutti i dati e il materiale disponibile, al fine di rendere più agevoli, ampi ed efficaci i controlli incrociati necessari al monitoraggio. Oltre a questo la Giunta predisporrà un Centro di Documentazione aperto a tutti i cittadini in cui informarsi e trovare contenuti aggiornati e completi. Per quel che riguarda la promozione della cultura della legalità abbiamo pensato sia all’attivazione di percorsi didattici nelle scuole di ogni ordine egrado, sia a iniziative pubbliche e all’istituzione della Giornata Regionale in ricordo delle Vittime di Mafia, da far coincidere con il 21 marzo.
Si è scelto di puntare sulle azioni di prevenzione poiché su certe tematiche, pur connesse a questi fenomeni, come il racket, l’usura, il lavoro sommerso o altro le Regioni non hanno potestà legislativa. Abbiamo dichiarato con l’articolo 9 di voler sostenere le vittime di usura ad esempio, ma non possiamo andare al di là della legislazione regionale. Nonostante tutto credo che si tratti di una Legge che non solo ha un grande valore politico, ma che si rivelerà efficace. In ogni caso, dato che come raramente accade, questo testo ha una clausola valutativa che impone la verifica costante dei risultati raggiunti, potremo in futuro migliorare le nostre strategie d’azione.

Diverse azioni facenti parte del pacchetto del progetto di Legge vertono sullo snellimento delle pratiche per l’assegnazione dei beni confiscati. Perché?

Questa è un’azione concreta dal grande valore sociale e politico. I beni confiscati alle mafie – 31 in Regione, di cui solo 16 già assegnati e ancora nessuno “attivo” – sono beni di cui la collettività è stata espropriata. Se vogliamo davvero dare un segnale forte, dobbiamo fare in modo che quegli edifici divengano luoghi vivi di cultura, di aggregazione, centri di servizio, asili nido e così via, e che le terre ritornino produttive ma per una buona causa. Purtroppo spesso i beni confiscati sono in cattive condizioni o peggio sono occupati dalle famiglie del boss, o coperti da ipoteche,e soprattutto i Comuni più piccoli a cui vengono assegnati, non hanno risorse né strumenti per rimettere in sesto edifici e dissodare terreni. Per questo creeremo uno sportello per assistere gli Enti locali nelle procedure di assegnazione e recupero dei beni ed è già stato predisposto un fondo per affiancare Amministrazioni, enti assegnatari e neonate Cooperative che gestiranno quei beni.

Qual è stato il ruolo del Terzo Settore nella stesura della Legge?

Sappiamo che il coinvolgimento del mondo del Volontariato e del Terzo Settore è un punto cruciale e per questo vi abbiamo dedicato in modo specifico l’articolo 4 della Legge. In fase di costruzione della Legge sono stati consultati i rappresentanti del Forum Terzo Settore e delle associazioni, Libera in primis. Abbiamo poi inoltrato l’articolato a tutta la rete, in modo da raccogliere altri suggerimenti. Posto che la priorità è quella di rendere questa legge attiva in tempi brevi, stiamo pensando di organizzare una o due audizioni pubbliche in cui coinvolgeremo sicuramente anche il mondo dell’associazionismo. E se il Terzo Settore ha avuto un ruolo attivo nella stesura della Legge, ne avrà uno da protagonista nelle fasi di attuazione e sviluppo delle azioni previste, per questo vogliamo promuovere rapporti di partnership e collaborazione tra associazioni ed enti locali e siamo pronti a sostenere quelle associazioni più radicate sul territorio che vogliono realizzare percorsi di educazione alla legalità nelle scuole.

La nuova legge rimanda a quella che la Regione approvò nel 2010 per contrastare le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti in edilizia. Quali sono le misure in vigore e quali i limiti di esse?

Con quella legge abbiamo dato lo stop alle gare al massimo ribasso, incoraggiando da un lato una valutazione delle aziende concorrenti in termini di qualità del lavoro e dall’altro l’esclusione di quelle ditte che propongono costi troppo bassi anche solo per pagare i propri dipendenti. Adesso si richiedono documentazioni molto più dettagliate alle ditte in gara, al fine di compilare una white list e una black list delle aziende più o meno trasparenti. Non possiamo imporre alle ditte di presentare documenti che la legge nazionale non richiede, ma le ditte inserite nella white list verranno tenute in maggior considerazione in sede di gara. E’ ovvio che quando parliamo di subappalti le difficoltà di fare verifiche e controlli rimangono ma non abbiamo la possibilità né di cancellare le leggi del libero mercato, né di andare al di là della legge nazionale. Stiamo pensando anche di affiancare a quella del 2010 anche un’altra legge per ampliare il raggio d’azione delle restrizioni anche agli appalti per la fornitura di beni e servizi.
Il problema è che al di là dei pur efficaci provvedimenti locali, se vogliamo davvero combattere le mafie, dobbiamo farlo a livello globale.

La leggenda degli homeless ricchi. Piazza Grande intervista Antonio Mumolo

Assegni non riscossi, assicurazioni mai pagate. Ecco perché il clochard “ricco” è solo un mito. Articolo pubblicato dal mensile Piazza Grande nel marzo 2011.

Piazza Grande Marzo 2011

Avvocato di strada. Job Meeting intervista Antonio Mumolo

Chi non ha riconosciuti i propri diritti fondamentali ed è escluso dalla società non può difendersi e diventa vittima di continui soprusi. “Dove c’è un’ingiustizia, deve esserci un avvocato” diceva però Piero Calamandrei, uno dei padri della Costituzione italiana e uno dei più grandi giuristi del secolo scorso.

Per difendere dagli abusi e per ridare i diritti fondamentali a chi li ha perduti, esiste la figura dell’avvocato di strada, un professionista che ha deciso di dedicare parte del suo tempo a chi non potrebbe mai permettersi un avvocato. JOB MEETING intervista Antonio Mumolo

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L’associazione Avvocato di strada Onlus è un’organizzazione nazionale di volontariato che assiste solo persone senza dimora, che vivono in strada, e le vittime della tratta.

“L’idea un po’ romantica del barbone che ha deciso di abbandonare la società e di vivere in modo diverso, non esiste più. La vita di strada è molto dura e chi la fa non l’ha scelta” spiega Antonio Mumolo presidente e fondatore dell’associazione.

Chi sono i nuovi poveri? “Fino a qualche tempo fa – continua Mumolo – i senza dimora erano per lo più tossicodipendenti, alcoolisti, persone con problemi psichici e infine poveri. Oggi i poveri sono la maggioranza. A farne parte ci sono imprenditori falliti, pensionati al minimo e persone finite sulla strada a seguito di una separazione.”

L’associazione conta ormai 650 avvocati su tutto il territorio nazionale, di cui 60 solo a Bologna, la città in cui è nata l’iniziativa. Sono 19 le sedi mentre la copertura del territorio è garantita da un buon numero di domiciliatari.

Fin dagli inizi, nel 2007, l’associazione non ha mai chiesto soldi pubblici “Questo principalmente perché la prima causa fu vinta contro il Comune di Bologna. Domani però potremmo decidere di partecipare a qualche bando pubblico, ma per il momento le nostre fonti di sostegno economico derivano dalle fondazioni che finanziano programmi di volontariato sul territorio e naturalmente dalle cause che vinciamo.” sottolinea Mumolo.

E di lavoro ce n’è tanto: solo nel 2009 i casi sono stati 2.072.

Del gruppo di volontari fanno parte anche giovani non ancora laureati che, non potendo ancora difendere in tribunale, si occupano dell’accoglienza del cliente, della preparazione dei moduli, della ricerca giurisprudenziale e dell’attività di promozione dell’associazione. “E’ un’esperienza forte sia dal punto di vista umano che professionale: fare qualcosa in favore degli altri è innanzitutto una lezione di vita”.

di Raffaella Giuri

“Una porta aperta a chi si occupa degli altri”. Focus Democratico intervista Antonio Mumolo

7 marzo 2011. Nel numero 46 di Focus Democratico, la newsletter del PD di Bologna un’intervista ad Antonio Mumolo, responsabile Partecipazione politica e Associazionismo del PD di Bologna e coordinatore del progetto “Circoli aperti”

Quali sono gli elementi da sottolineare del progetto ‘Circoli aperti’ del PD di Bologna?
La cosa più importante è che, con esso, il PD si apre alla società. Inoltre è un esperimento guardato con molta attenzione dalla dirigenza nazionale del Partito, che potrebbe farne un progetto nazionale. Il PD di Bologna apre le porte a tutti coloro che fanno qualcosa per gli altri, si occupano degli altri; a tutte quelle associazioni di volontariato che per la loro attività – sociali, culturali, artistiche… – hanno bisogno di sedi. Di spazi, che mettiamo a disposizione noi gratuitamente, perché tra i compiti del Partito Democratico c’è quello di costruire una società migliore e, per farlo, bisogna incentivare i buoni comportamenti.

Le associazioni che intendono aderire a questo progetto cosa devono fare?

Intanto c’è un sito con tutte le istruzioni, tra cui due vademecum, uno per i segretari dei circoli e l’altro per i presidenti delle associazioni, e una mappa dei centoquaranta circoli territoriali del PD: cliccando su un circolo verrà fuori l’elenco delle associazioni che hanno sede sul suo territorio, mentre cliccando su un’associazione verrà visualizzato il suo circolo di riferimento. Il presidente di un’associazione dovrà semplicemente chiedere al segretario di circolo un incontro, esporre l’attività dall’associazione, ciò che vorrebbe fare, i giorni e le ore in cui le servirebbe uno spazio; la proposta viene poi portata al comitato di circolo, che la discute e decide se approvarla o meno. Dopodiché si instaura un rapporto aperto, che almeno per il momento abbiamo deciso di non ‘contrattualizzare’: deve essere un rapporto di fiducia, trattandosi di persone che comunque lavorano per la comunità.

Si potranno sviluppare, ha detto il segretario Donini, iniziative condivise. La proposta sembra però consistere principalmente nell’offerta di spazi…
È vero. Ma da essa possono nascere tante cose. Noi infatti speriamo di essere coinvolti nelle attività e nelle iniziative delle associazioni che si occupano di tematiche che ci riguardano. Da parte nostra, sapendo che esiste un’associazione che si occupa di un certo tema, proprio perché si riunisce da noi, la coinvolgeremo nelle nostre iniziative. Deve essere un rapporto reciproco, di scambio, che aiuterà il PD a comprendere meglio le esigenze del territorio e le persone che lavorano nelle associazioni a capire che anche noi siamo volontari, della politica, e cerchiamo di fare qualcosa per gli altri.

Come risponderanno, a tuo avviso, i circoli?
Le risposte finora sono state entusiaste. Del resto si tratta di un’esperienza che alcuni circoli – magari in modo non organizzato, o senza utilizzare del tutto spazio e tempo a loro a disposizione – già fanno. Perciò abbiamo cominciato a dar loro un aiuto organizzativo. Faremo poi altri incontri, con tutte le Unioni di quartiere e territoriali, e con tutti i segretari di circolo, per rilanciare o rispiegare il progetto e sottoporci alle loro domande: è un work in progress, e può essere migliorato. E anche riunioni con le associazioni di volontariato, in particolare con le loro federazioni. Dopodiché pubblicizzeremo il progetto e invieremo una cartolina elettronica a tutte le associazioni che abbiamo censito a Bologna e provincia. A poco a poco potremo instaurare un circolo virtuoso, che ci consentirà da un lato di utilizzare meglio i nostri spazi e dall’altro di dare una possibilità in più a quella società civile che esiste, di cui molti parlano ma che spesso viene avvicinata solamente in campagna elettorale, per poi non occuparsene più.