ogm_pannocchiaLa Giunta regionale dell’Emilia-Romagna deve ribadire la propria indisponibilità a ospitare nel proprio territorio colture Ogm in assenza di misure che garantiscano la salvaguardia delle colture tradizionali e biologiche.

Lo chiede una risoluzione sottoscritta da alcuni consiglieri del Pd (primo firmatario Giuseppe Paruolo e, a seguire, Marco Barbieri, Anna Pariani, Roberto Piva, Antonio Mumolo, Luciano Vecchi e Tiziano Alessandrini) e da Matteo Riva (Misto).

Il documento sollecita inoltre la Giunta a richiedere al Governo di rivedere il decreto del luglio 2012, inserendo le necessarie previsioni sanzionatorie e riaprendo un periodo di vigenza di ulteriori 18 mesi.

Governo e Parlamento, inoltre, dovranno attivarsi in sede europea per una rapida conclusione della revisione della normativa comunitaria che dovrà consentire agli Stati membri di vietare gli Ogm non solo per motivi di salute e ambientali, ma anche in coerenza con le diverse tipologie di agricoltura e i diversi valori ambientali e territoriali presenti e adottati nei singoli Stati europei.

Nel testo, i firmatari spiegano che la normativa italiana, fin dal decreto legislativo 212 del 2001, stabilisce che la messa in coltura di Ogm debba essere autorizzata dai ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Salute per “evitare il contratto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali” e per “non arrecare eventuale danno biologico all’ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agroecologiche, ambientali e pedoclimatiche”, spetta poi alle Regione – scrivono – adottare le misure di coesistenza tra i diversi tipi di colture.

Nel dicembre 2012, tuttavia, – aggiungono – una sentenza della Corte di giustizia europea avrebbe escluso che uno Stato membro possa vietare in via generale la coltivazione di prodotti Ogm, autorizzati ai sensi della normativa dell’Unione e iscritti nel catalogo comune, limitando questa potestà ai soli casi in cui sia riscontrabile un possibile danno ambientale o sanitario o laddove intervengano nuove evidenze scientifiche a sconsigliare l’utilizzo di Ogm già inseriti a catalogo.

Nel luglio scorso, infine, i ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Salute, in seguito al caso di un coltivatore friulano che avrebbe potuto seminare la varietà Ogm di mais Mon810 suscitando preoccupazione per il rischio di contaminazione delle colture biologiche e tradizionali, hanno emanato un decreto interministeriale in cui si sancisce il divieto di coltivazione di mais Mon810 sul territorio italiano per un periodo di 18 mesi, termine necessario alle Regioni per elaborare misure atte a evitare la contaminazione involontaria delle colture: il decreto è tuttavia rimasto inevaso perché mancante della parte sanzionatoria.

ALLEGATO
5174 Risoluzione per impegnare la Giunta, nei confronti del Governo e del Parlamento, a ribadire la propria indisponibilità ad ospitare sul territorio regionale colture OGM in assenza di misure di salvaguardia di quelle tradizionali e biologiche, richiedendo inoltre la revisione della relativa normativa nazionale e comunitaria. A firma dei Consiglieri: Paruolo, Barbieri, Pariani, Piva, Riva, Mumolo, Alessandrini, Vecchi Luciano (17 02 14)