Antonio Mumolo è intervenuto durante la seduta del 14 settembre 2009 del Consiglio Comunale di Bologna sul caso di una persona senza dimora che in agosto è morta in un dormitorio comunale di Bologna senza che nessuno se ne sia accorto per quasi due giorni.

L’intervento
14 settembre 2009 – Intervento in Consiglio Comunale

Grazie presidente.
Oggi ho chiesto la parola per parlare di un fatto accaduto qualche settimana fa.

Come sapete, il 9 agosto scorso al dormitorio comunale “Beltrame” di via Sabatucci è morto nel sonno Luciano S. una persona senza dimora di 48 anni. Il suo corpo è stato trovato solamente l’11 agosto, ed è rimasto in camera senza vita per quasi due giorni senza che nessuno, operatori o ospiti del dormitorio, se ne accorgesse. La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo (senza reati nè indagati) per fare chiarezza sulla vicenda e per sapere com’è possibile che all’interno di una struttura comunale il cadavere di una persona sia stato scoperto con due giorni di ritardo.

E’ notizia di due giorni fa (venerdì 11 settembre) che la Procura di Bologna non ha riscontrato responsabilità penali sul decesso di Luciano, ma che ha avanzato perplessità sulla normativa che regola l’organizzazione interna della struttura. Io credo che sia necessario che il consiglio comunale si interroghi su quanto successo e provi a dare delle risposte.

Qualcuno potrebbe essere portato a minimizzare quello che è successo, pensando ad una fatalità o ad un insieme di coincidenze che hanno fatto si che Luciano fosse trovato solamente dopo due giorni, ma questa ipotesi deve essere scartata: quello che è successo ad agosto, infatti, non è una novità. Per quanto possa sembrare incredibile, nel febbraio 2001 nella stessa struttura accadde la stessa identica cosa: Leonardo Niro, uno storico senza tetto di Bologna molto conosciuto in città, morì nel proprio letto e il suo cadavere venne ritrovato dopo più di due giorni. Per chi le vuole, ho fatto le copie di un articolo del Domani di Bologna che racconta quanto successo otto anni fa. (https://www.antoniomumolo.it/pdf/ArticoloIlDomani2001.pdf)

Tornando all’oggi, la struttura Beltrame attualmente accoglie 117 persone che vivono in strada da lungo tempo, con problematiche varie e che spesso non sono in buona salute per via dalla difficili condizioni in cui versano da anni. In una struttura simile, dove è logico aspettarsi che ci siano anche problemi di convivenza, sarebbe opportuno che lavorasse una nutrita squadra di operatori in grado di gestire la situazione, e, insieme ai servizi sociali e alle associazioni di settore, di aiutare le persone che vivono in quel luogo a trovare un lavoro e a ricostruirsi una vita.

Come hanno spiegato i dirigenti della cooperativa che gestisce il dormitorio, la convenzione stipulata con il comune prevede la presenza di operatori addetti solamente alla portineria, alle pulizie e alla manutenzione ordinaria. Di giorno ci sono degli educatori, ma di notte ci sono solamente due operatori che hanno la responsabilità dell’intera struttura e quindi dei 117 ospiti. Un numero chiaramente insufficiente per gestire la normale attività, figuriamoci le emergenze.

Come si è arrivati a questa situazione? Come sappiamo i fondi destinati ai servizi sociali sono sempre meno e il Comune fatica a dedicare al settore della marginalità maggiori risorse. Le strutture pubbliche di emergenza sono poche, non sufficienti a gestire il bisogno, e vengono date in appalto alle cooperative che fanno le offerte più basse. Con pochi soldi, le cooperative, che a loro volta non possono andare in perdita, sono obbligate a far lavorare nelle strutture un numero basso di operatori, che in certi casi possono essere anche non qualificati.

In questa maniera abbiamo strutture minimali, dove le persone sono isolate tra loro, dove, per la difficoltà di costruire percorsi di recupero, generalmente rimangono “parcheggiate” per anni. E dove possono succedere cose come quella capitata a Luciano.

Mantenere le strutture in queste condizioni influisce negativamente sulla vita delle persone che sono in difficoltà e che hanno bisogno dell’assistenza pubblica, ma rappresenta anche un costo molto grande per la comunità: non ci dimentichiamo infatti che se le persone fossero aiutate e sostenute maggiormente in percorsi di recupero e potessero più facilmente ricostruirsi una vita, si affrancherebbero dal circuito dell’assistenzialismo, e potrebbero perfino diventare delle risorse per la città.

Se questo è il presente, inoltre, credo sia giusto parlare anche di quello che riguarda il futuro a Bologna dell’accoglienza alle persone senza dimora e delle prospettive che si offriranno loro. Come sappiamo già da due anni il Comune di Bologna ha intrapreso una trasformazione dei servizi sociali, che ha portato al decentramento dei Servizi Sociali e ad alcune trasformazioni. In particolare i Servizi Sociali sembrano improntati a dare accoglienza nei dormitori solo alle persone senza dimora che hanno la residenza a Bologna e che sono, naturalmente, la minima parte di quelli che vivono in strada nella nostra città. Secondo il testo “Servizi per adulti. Modalità operative” predisposto dal Core (Coordinamento Responsabili Servizio Sociale Territoriale) i senzatetto non residenti a Bologna verranno accolti nei dormitori solo in caso di “indifferibile necessità”, una condizione non facilmente accertabile, e che verrà decretata di volta in volta dagli assistenti sociali. Io mi chiedo, e vi chiedo, se possono essere “differibili” le necessità di chiunque viva in strada senza un posto dove stare, e se nel dare o meno accoglienza dobbiamo davvero andare a guardare dove la persona ha la residenza anagrafica.

Quello che ho cercato di delineare in poche parole è l’attuale situazione delle strutture di accoglienza del Comune di Bologna, che ritengo dovrebbe essere conosciuta meglio dalla cittadinanza e, in primo luogo, dagli stessi consiglieri comunali.

Per questo, in conclusione al mio intervento, propongo che il consiglio comunale, o alcuni suoi rappresentanti, facciano una visita nei dormitori pubblici della città per capire come sono organizzate queste strutture e per far partire quella che ritengo possa essere una utile riflessione. La visita, inoltre, credo che potrebbe essere un gesto di vicinanza e di interesse nei confronti di persone fragili e sfortunate che hanno bisogno di sostegno. Grazie.

Antonio Mumolo