L’Unità – Edizione Bologna – 05/05/2010. Lavoratori in cassa integrazione e disoccupati si trovano improvvisamente senza un tetto. Per superare questa nuova emergenza creata dalla crisi, bisogna ripartire dal reddito. Assegnando una quota di lavori pubblici alle aziende che assumono licenziati. È il cuore della proposta di Antonio Mumolo, legale del foro bolognese, presidente dell’associazione «Avvocato di strada» e consigliere regionale del Pd.

I sindacati denunciano un incremento vertiginoso degli sfratti. Come avvocato di strada si è accorto di questa emergenza?

«Certamente. Ogni anno l’associazione pubblica un rapporto sull’assistenza legale in Italia a favore delle persone senza fissa dimora. Confrontando i dati del 2009 con quelli dell’anno precedente emerge un quadro molto chiaro. Nel 2008 gli italiani che si sono rivolti a noi erano 395, nel 2009 sono quasi raddoppiati, arrivando a 663. Ancora, nel 2008 le cause per sfratto o problematiche legate alla locazione sono state 63, l’anno dopo 118».

È cambiata anche la composizione di chi si ritrova in strada da un giorno all’altro?

«Sì. Prima c’erano molti stranieri, precari, manovali. Ora troviamo impiegati che non arrivano alla fine del mese, pensionati con la minima, famiglie monoreddito che non riescono più a pagare affitto e bollette. E’ una spia forte dell’impoverimento del ceto medio-basso. E questo è solo l’inizio. Nei prossimi 6 mesi avremo un peggioramento».

Ci può spiegare come funziona uno sfratto?

«Una persona non paga l’affitto e il legale della proprietà manda una lettera. Se l’affitto continua a non essere corrisposto, arriva una citazione per sfratto. A quel punto viene fissata un’udienza e il giudice stabilisce il termine di grazia, che può variare da 3 a 6 mesi, a seconda della situazione. Se l’affittuario dimostra di aver ottenuto un lavoro si trova un accordo, se non si presenta o non ha un contratto di assunzione, dopo 3 mesi arriva l’ufficiale giudiziario e viene eseguito lo sfratto».

Ci sono alternative per evitarlo?

«Purtroppo, no. Se una persona non paga viene sfrattata. Il problema è a monte: lavoratori che prima avevano un reddito, improvvisamente lo perdono e non sanno come fare. Bisogna partire da lì. La mia proposta è semplice: il Comune dovrebbe stabilire una quota di appalti, che potrebbe essere il 20%, da assegnare tramite bando a imprese o società cooperative che decidono di assumere dipendenti che nell’ultimo anno e mezzo sono stati licenziati, non hanno ottenuto il rinnovo del contratto o hanno chiuso la partita iva. Penso ad appalti piccoli, come quelli per la pulizia delle strade o dei giardini, il servizio dei bagni pubblici. Se tutti i Comuni stabilissero di attribuire punteggi maggiori a questo tipo di imprese, ci sarebbe una risposta immediata al problema. E il costo sarebbe pari a zero».

Lunedì prossimo si insedierà il Consiglio regionale. Chiederà al presidente Errani di intervenire sugli sfratti?

«La Regione non può fare leggi sul diritto alla proprietà previsto dalla Costituzione. Quello che può fare è incentivare le politiche sul lavoro. Io sottoporrò la mia proposta».

Intervista di Alice Loreti
5 maggio 2010 pubblicato nell’edizione di Bologna (pagina 3)

L’intervista sul sito dell’Unità