L’11.11.08 il consiglio comunale di Bologna ha approvato un ordine del giorno proposto da Antonio Mumolo sulla proposta dell’istituzione di un registro per le persone senza dimora avanzata in Senato nei giorni scorsi dalla Lega.

In considerazione delle gravissime conseguenze che potrebbe comportare tale registro, l’ordine del giorno auspica che i parlamentari di entrambi gli schieramenti non approvino la proposta

1° intervento

Grazie Presidente.
Avrete letto tutti in questi giorni della proposta, presentata al Senato da alcuni senatori della Lega, relativa alla registrazione presso un registro del Ministero degli Interni delle persone senza dimora, cioè degli ultimi degli ultimi, cioè delle persone che vivono in strada e che avrebbero e hanno diritto a una residenza.
Questa proposta prevede che le persone senza dimora non potranno prendere la residenza nel luogo  in cui abitano, ma dovranno essere registrati (quasi fossero persone che  delinquono), in un apposito registro presso il Ministero degli Interni a Roma.
Qualcuno ha anche ironizzato su questa proposta.
Sarebbe bello infatti che queste persone, finite in strada perché hanno perso il posto di lavoro e non riescono a trovarne un’altro, perché sono pensionati al minimo e hanno perso la casa e oggi si trovano in strada, perché sono imprenditori falliti e non hanno nessuno che li aiuti, o per tanti altri motivi, sarebbe molto bello che andassero tutti ad abitare in via del Viminale 1 presso la prestigiosa sede del Ministero degli Interni.
Purtroppo la questione è molto seria, e tra l’altro, Presidente, preannuncio di aver preparato un ordine del giorno di cui chiederò la votazione e l’approvazione oggi stesso.
La questione è molto seria perché la proposta della Lega prevede l’abolizione dei commi 3 e 4 dell’Art. 2 della legge del 1954 sulla residenza.
Cosa prevedono questi commi?
Questi commi prevedono che le persone senza dimora, come tutti gli altri cittadini di questo Stato, hanno diritto a prendere la residenza nel Comune dove hanno eletto il domicilio o in mancanza del Comune di nascita; per coloro che sono nati all’estero si considera comune di residenza quello della madre o del padre.
Il comma 1 della stessa legge stabilisce, e stabilisce ancora finché non viene approvata questa modifica, che c’è l’obbligo di ogni persona di richiedere la residenza nel luogo in cui abita.
Voi sapete tutti, perché ne abbiamo parlato molte volte in questo Consiglio e abbiamo fatto anche una Commissione sulla questione, cosa significa avere la residenza.

Avere la residenza in un luogo significa avere la possibilità di lavorare,  perché senza residenza non si lavora; significa avere la possibilità di percepire una pensione, perché senza residenza non si può percepire una pensione; significa avere la possibilità di aprire una partiva Iva e magari di aprire una attività commerciale; significa avere la possibilità di essere curati, perché senza residenza non si ha nemmeno la possibilità di essere curati, si ha diritto  solamente a prestazioni di pronto soccorso.
Ma tutto questo evidentemente agli estensori di questa proposta importa poco.
La proposta che cosa prevede?
Prevede che si cancellino questi commi dalla legge attualmente in vigore e quindi la persona senza dimora non avrebbe più il diritto a chiedere la residenza nel luogo in cui si trova ma dovrebbe chiederla, o meglio verrebbe  iscritta d’ufficio, in questo registro che si trova presso il Ministero degli Interni. Il resto è difficilmente comprensibile, perché la stessa proposta dice che poi, entro 180 giorni, dovrà essere approvato un regolamento: e la residenza queste persone dove ce l’avranno? Ce l’avranno lì a Roma? Dove saranno iscritte per forza come se fossero colpevoli di qualcosa, perché ormai essere poveri è diventata una colpa evidentemente da espiare e non una situazione, uno status, una condizione in cui chiunque di noi si può trovare per le avversità della vita? Non si capisce se e dove queste persone prenderanno la residenza.
La prenderanno a Roma? E se hanno un problema pensionistico e abitano a Como? Lo risolvono a Roma? E se hanno un problema di lavoro perché magari hanno lavorato a Canicattì (e il loro giudice naturale dovrebbe essere il giudice del luogo in cui hanno lavorato e non sono stati retribuiti), lo risolvono a Roma?
Non si comprendere bene come andrà a finire, la situazione sembra molto confusa; chi ha esteso questa proposta evidentemente non ha considerato neanche le leggi e le norme costituzionali esistenti sul punto.
L’approvazione, come dicevo, e la successiva applicazione di questa modifica alla legge, non comporterebbe nessun beneficio per le persone senza dimora. Qui non si è neanche pensato di provare ad andare incontro a queste persone e magari legiferare facendo in modo che la loro condizione possa migliorare. Si pensa esattamente il contrario evidentemente.
Ripeto, questa modifica determinerebbe la perdita effettiva di tutti i diritti legati alla residenza. Non si è considerato che la proposta della Lega è in contrasto con  l’Art. 43 del Codice Civile che fornisce la nozione giuridica di residenza e dice testualmente “La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”; quindi questa proposta violerebbe l’Art. 43 del Codice Civile, così come violerebbe tutta una serie di norme costituzionali. Visto che il mio tempo è scaduto mi riservo di elencare tutte le norme della carta costituzionale che vengono palesemente violate da questa norma.

Io ho preparato Presidente un ordine del giorno che porto in Presidenza. Ci tengo a dire che è un ordine del giorno che  non prende posizioni politiche rispetto ai soggetti che hanno presentato le modifiche; è un ordine del giorno che spero venga approvato anche dalla minoranza; quando lo leggeranno vedranno che non c’è alcun tipo di intento polemico rispetto agli schieramenti politici e, anzi, è un ordine del giorno in cui si auspica, e spero che il Consiglio Comunale lo voti, che i  parlamentari di ambedue gli schieramenti, anche in considerazione delle gravissime conseguenze che questa norma  comporterebbe per le persone senza dimora, non approvino tali modifiche alla Legge del 1954 sulla residenza. Grazie Presidente.

Antonio Mumolo


2°intervento

Grazie Presidente.
Come anticipato nell’intervento di inizio seduta, questo è un ordine del giorno che cerca di scongiurare l’approvazione di una norma che comporterebbe solamente ulteriori problemi alle persone che vivono in strada, alle persone senza dimora, senza portare nessun tipo di beneficio alla comunità.
Questa norma è stata approvata la notte scorsa in Commissione al Senato, nell’ambito della discussione del disegno di legge sulla sicurezza.
Cosa prevede questa norma? Prevede sostanzialmente l’abolizione dei commi 3 e 4 dell’art. 2 della Legge n. 1228 del 1954, la legge sulla residenza.
Cosa stabiliscono questi commi? Stabiliscono ancora che le persone senza dimora si considerano residenti nel Comune dove hanno il domicilio o in mancanza del Comune di nascita, mentre per le persone nate all’estero si considera luogo di residenza quello di nascita del padre e in mancanza quello di nascita della madre.
Quindi, queste persone fino ad oggi, come tutti quanti gli altri cittadini, possono prendere la residenza nel Comune dove stabiliscono il loro domicilio, dove chiedono di poter restare, e sappiamo tutti quali diritti sono collegati alla residenza, tanto è vero che il diritto alla residenza è considerato un  diritto soggettivo.
La legge attuale, tra l’altro, stabilisce che esiste l’obbligo per ogni persona di chiedere l’iscrizione nel registro anagrafico del Comune di dimora abituale, mentre la proposta di modifica  stabilisce che le persone senza dimora sono iscritte in un apposito  registro istituito presso il Ministero degli Interni.
Quindi non esisterebbe più l’obbligo di dichiarare dove si vive e di chiedere la residenza, non ci sarebbe più la possibilità di ottenere la residenza nel luogo in cui si vive, ma tutti coloro che vivono in strada dovrebbero essere iscritti in questo registro istituito presso il Ministero degli Interni, il cui funzionamento tra l’altro dovrebbe poi essere stabilito con apposito decreto entro 180 giorni.
Non si sa a questo punto dove le persone senza dimora potrebbero prendere residenza; si ipotizza che la residenza andrebbe presa presso il Ministero degli Interni, quindi tutti allegri e residenti nel confortevole immobile di Via del Viminale 1, Roma.
È una proposta rispetto alla quale si sono espressi già la Caritas, la FIOPSD, che è la Federazione Italiana Organizzazioni per le Persone Senza Dimora e tutte  le associazioni che ci occupano delle persone che vivono in strada e ovviamente si sono espresse in maniera assolutamente negativa.
È una proposta, tra l’altro, scritta anche senza approfondire il tema, perché, per esempio, si abrogherebbe una norma della legge 1228 del 1954 senza però abrogare l’art. 43 del Codice Civile che stabilisce invece che la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Quindi se una persona ha la dimora abituale a Milano non può essere residente a Roma, altrimenti si violerebbe l’art. 43 del Codice Civile.
È una proposta in contrasto con numerosi articoli della Costituzione e anche questo credo che vada approfondito. Per esempio è in contrasto con l’art. 2, perché l’art. 2 stabilisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento di un dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale. Il dovere di solidarietà verrebbe evidentemente violato ove si costringesse una persona, soltanto perché senza fissa dimora, a soggiacere alle iscrizioni in un elenco differentemente da tutti gli altri cittadini.
L’art. 3 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, un’uguaglianza formale e sostanziale che verrebbe evidentemente violata perché avremmo cittadini di serie A, cioè quelli che hanno una casa e quindi possono prendere la residenza lì tranquillamente e cittadini di serie B che invece non hanno la casa e devono essere iscritti in questo registro presso il Ministero degli Interni.
L’art. 4 della Costituzione stabilisce che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto; le persone senza fissa dimora e senza residenza perderebbero il diritto al lavoro, come ormai molti di voi sanno, in quanto alla residenza è collegata la possibilità di lavorare.
L’art. 14 della Costituzione riguarda la libertà di domicilio, libertà che verrebbe negata, perché uno non può essere domiciliato in un luogo se deve essere iscritto necessariamente da un’altra parte dove non vive.
L’art. 16 della Costituzione riguarda la libertà di circolazione. Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche, ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica; ovviamente questo articolo verrebbe violato se si costringe una persona a prendere il domicilio in un luogo ed a rimanere sempre lì indipendentemente da dove si trova.
L’art. 32 della Costituzione, è l’articolo che riguarda il diritto alla salute. Noi sappiamo che senza residenza non è garantito alle persone il diritto alla salute in quanto avrebbero diritto solo a prestazioni di pronto soccorso.
L’art. 48 della Costituzione è quello che riguarda il diritto di voto; poiché i cittadini italiani non possono votare se non hanno la residenza, si toglierebbe a queste persone anche il diritto di voto.

Oltre alle norme costituzionali, oltre all’art. 43 del Codice Civile, ci sono una serie di altre norme che evidentemente i novelli legislatori  non hanno considerato, perché esiste un regolamento (DPR 223 del 30 maggio 1989) che stabilisce che i Comuni si devono attivare per creare una speciale posizione anagrafica per le persone senza dimora. Che ne sarà di questa norma? La modifica non sembra tenere conto neanche di questo regolamento.
Ci sono le avvertenze, metodi e norme Istat che hanno stabilito che i Comuni istituiscono un indirizzo anagrafico convenzionale gestito direttamente dall’Amministrazione Comunale, ignorate da questa proposta.
Tra l’altro c’è giurisprudenza che stabilisce che l’indirizzo convenzionale non deve connotare in modo negativo la persona che ne usufruisce. Se le persone senza dimora avessero tutte domicilio e eventuale residenza in Via del Viminale 1, verrebbe violata la loro privacy, perché quell’indirizzo connoterebbe direttamente la persona come persona senza dimora. Diventerebbe evidentemente molto più difficile trovare lavoro e si verrebbe immediatamente etichettati come persone che non hanno una casa.
Questa proposta sostanzialmente comporta una serie di danni e di problemi alle persone senza dimora e non comporta nessun vantaggio per lo Stato, perché lo Stato sa benissimo dove si trovano oggi le persone senza dimora, proprio perché la normativa attualmente stabilisce che ogni città si doti di una via fittizia e in quelle vie sono iscritte come residenti queste persone. I dati dei vari uffici anagrafe sono ovviamente già a disposizione del Ministero dell’Interno.
L’ordine del giorno, come dicevo prima, è un ordine del giorno assolutamente tecnico. Io con questo ordine del giorno chiedo che si invitino tutti i parlamentari di maggioranza e opposizione, visto che per adesso si tratta di un emendamento proposto solo da alcuni parlamentari, ma non dal Governo, a rivedere questa posizione, per fare in modo che le norme in vigore non vengano modificate o quantomeno non vengano modificate nel senso degli emendamenti presentati. Ciò semplicemente perché l’approvazione di queste norme non garantirebbero nessun diritto nuovo, toglierebbe a queste persone dei diritti già esistenti e impedirebbe a queste persone di intraprendere un percorso che le porti fuori dalle condizioni di marginalità in cui si trovano.
Lo stesso invito, ovviamente, lo faccio ai colleghi dell’opposizione in Consiglio Comunale perché approvando questo Ordine del Giorno semplicemente si chiede di rivedere questa proposta. Rileggo anche per questo il dispositivo dell’Ordine del Giorno che recita: ” Il Consiglio Comunale di Bologna auspica che i parlamentari di ambedue gli schieramenti, anche in considerazione delle gravissime conseguenze che questa norma comporterebbe per le persone senza dimora, non approvino tali modifiche alla Legge 24.12.1954 n. 1228. Grazie Presidente.

Antonio Mumolo